Tiene l’export italiano di vino nel 2020, con il Belpaese che recupera ancora nell’ultimo trimestre e riduce le perdite a valore a -2,3%, per un corrispettivo di 6,285 miliardi di euro. Molto meglio dei suoi principali competitor europei, Francia e Spagna, che chiudono l’anno del Covid rispettivamente a -10,8% (a 8,7 miliardi di euro) e a -3,2%.
Dati questi che consentono all’Italia di riprendersi la leadership mondiale di esportazioni a volume con oltre 20,8 milioni di ettolitri (-2,4%) ai danni della Spagna. Lo rilevano Ismea e Unione italiana vini (Uiv), che hanno elaborato i dati Istat relativi alle esportazioni di vino nei 12 mesi del 2020, rilasciati oggi.
Una performance superiore alle previsioni che, secondo Uiv e Ismea, permette all’Italia di guadagnare quote di mercato sui competitor in buona parte delle piazze di sbocco e di guardare al futuro nella consapevolezza che il sistema del vino tricolore ha tenuto pur nelle asimmetrie dei risultati all’interno delle imprese, con le medio-piccole maggiormente in difficoltà.
In piena emergenza, e con una contrazione complessiva delle esportazioni del made in Italy a -9,7%, il vino ha risposto con una sostanziale tenuta di volumi, valori e prezzi. Meno bene gli sparkling, che fanno segnare una contrazione tripla rispetto alla media a -6,9%, complice un calo significativo del suo prezzo medio.
Molto meglio i fermi in bottiglia (-1,5%) con un controvalore di 3,9 miliardi di euro. Tra i prodotti a marchio, i Dop perdono il 2,9% confermandosi il segmento più esportato con oltre 4 miliardi di euro e un trend particolarmente positivo in Germania. Ottima la performance degli Igp (+1,2%), a 1,5 miliardi di euro. Soffrono maggiormente i vini comuni (-5,3%).
Tra i Paesi clienti, l’Italia, risparmiata dai dazi, riduce le perdite negli Stati Uniti (-5,6%, a 1,45 miliardi di euro, con il Lambrusco a +19%) e fa addirittura segnare luce verde in Germania (+3,9, a 1,1 miliardi di euro), mentre subisce la contrazione della domanda della Gran Bretagna, a -6,4% (714 milioni di euro).
In terreno positivo anche Svizzera, Canada, Paesi Bassi e Svezia, mentre scendono le esportazioni a Est: -15,5% la domanda giapponese e -26,5 quella cinese, con la Russia a -3,6%. Complessivamente, meglio l’Ue (+0,7%) dei Paesi terzi (-4,1%).
Tra le regioni, il Veneto si conferma leader nell’export con 2,2 miliardi di euro (-3,3% a valore), seguito dal Piemonte (+2,6%) che allunga sulla Toscana (-3,2%). Segni positivi per Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna, seguiti dalla Lombardia, in calo in doppia cifra.
LE GIACENZE INVENDUTE
Il calo dell’export unito alla chiusura di ristoranti, bar ed enoteche in Italia con il conseguente crollo dei consumi fuori casa ha fatto si che oltre 150 milioni di litri di vino in più rispetto allo scorso anno giacciono invenduti nelle cantine italiane.
La conseguenza è la presenza in cantina al 31 gennaio 2021 di 6,9 miliardi di litri di vino secondo l’analisi Coldiretti sull’ultimo aggiornamento reso disponibile dal Ministero delle Politiche Agricole.
“Non bisogna perdere tempo è ed necessario intervenire con una distillazione di emergenza – afferma Coldiretti – rivolta ai vini a Do e Ig con l’obiettivo di togliere dal consumo alimentare almeno 200 milioni di litri di vini e mosti a valori paragonabili a quelli di mercato per garantire la sopravvivenza delle aziende”.
Coldiretti chiede al Governo di intervenire con almeno 150 milioni di euro (valore medio 75 euro/ettolitro) attraverso aiuti nazionali vista la mancanza di disponibilità di risorse aggiuntive garantite per la situazione di emergenza da parte della Ue. Una misura che peraltro consentirebbe di produrre 25.000 litri alcol e gel disinfettanti 100% italiani che oggi vengono in larghissima parte approvvigionati sui mercati internazionali.
In gioco c’è il futuro del primo settore dell’export agroalimentare Made in Italy che sviluppa un fatturato da 11 miliardi di euro e genera opportunità di lavoro per 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in campi, cantine e nella distribuzione commerciale.
A questi si aggiungono attività connesse e di servizio e nell’indotto che si sono estese negli ambiti più diversi: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle bioenergie, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dall’enoturismo alla cosmetica fino al mercato del benessere.
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